Plastiline
Inseguivo la plastilina come materiale espressivo da anni, perdendo tempo perché la approcciavo come strumento della pittura tradizionale, non come materiale ed espressione a sé. La texture era tutto ciò di cui avevo bisogno, e paradossalmente ho “visto” il quadro solo quando, preso un monocromo, con una sbozza ho fatto un solco sulla superficie, stanco di questo vicolo cieco. A quel punto l’ho visto. Ho visto tutte le possibilità, perché il solco accentua la texture, gli da un senso di urgenza, di incertezza ulteriore. E quel solco non smette di farmi sentire pittore tradizionale. Anche l’uso dei colori ad olio, è una scelta sentimentale, se così si può dire.
Con l’animo libero dal significato, libero dalla letteratura, affidato a una materia semplice eppure dalla tramatura complessa e affascinante, mobile, instabile come può essere la plastilina, perciò mutevole, perfettamente funzionale a un mio pessimismo di fondo, pratico la sottrazione al rumore, la pausa dai significati espliciti e reconditi, il rifiuto del caos.
Ogni opera dunque obbliga a lasciarsi andare alla materia plasmata dalle dita, ai segni di ogni direzione intrapresa, ai ripensamenti, persino alla filigrana dei giorni diversi in cui appongo la plastilina, per incidere la materia, per cercare segni incerti, e laddove razionali come una linea dritta trovarli comunque tremuli, per inseguire le gocciolature, le sporcature che conferiscono pittoricità, per accettare infine il colore quale rischio.